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Il primo fu mio fratello


di Membro VIP di Annunci69.it Norvegian
27.02.2025    |    5.648    |    10 9.4
"Fu un po’ dopo la fine di questo nascondino erotico che scoprii la masturbazione..."
Il primo fu mio fratello. Mi fu addosso dicendo: “Ti faccio una sega.”
Eravamo nel letto a due piazze di una camera di albergo a Copenhagen durante una vacanza con i nostri genitori.
Avevamo passato il pomeriggio vagabondando per il quartiere dei locali porno. Eravamo entrati in tutti i sex shop.
A me si era aperto un mondo: non avevo mai visto pratiche così estreme descritte e illustrate sulle copertine dei DVD. E, soprattutto, non avevo mai visto cazzi così grandi.
Alla sera eravamo entrambi visibilmente turbati.
Fu così che quella notte mio fratello, maggiore di me di 6 anni, buttò via la coperta con un movimento brusco, mi bloccò braccia e gambe venendomi sopra e, schiacciandomi con il suo peso contro il materasso, disse: “Ti faccio una sega.”

Io avevo 15 anni e di seghe ne sapevo qualcosa da non molto.
Lui non aveva mai fatto tanto mistero delle sue di seghe. Spesso lo avevo visto uscire dalla sua camera con il cazzo duro in mano, la cappella umida di sperma, per andare in bagno a ripulirsi. Ma io ero molto piccolo e non mi era chiaro cosa facesse.
Lo stesso non mi era chiaro il perché di un certo gioco che lui aveva inventato.
Aspettavamo che i nostri genitori fossero fuori casa e, di sera, ci cercavamo per casa a luci spente. Chi trovava l’altro, doveva “riconoscerlo.” Per farlo, doveva frugarlo.
Quando era lui a vincere acchiappandomi nell’oscurità, gli toccava il diritto di palpeggiare: inevitabilmente le sue mani andavano a finire nei miei pantaloni, e esploravano il contenuto a lungo e con grande cura. Quando lui si faceva trovare, probabilmente di proposito, i suoi pantaloni non c’erano più e guidava sapientemente le mie mani sulle sue parti private che ostentavano una evidente erezione.
Il gioco aveva un suo erotismo primitivo. Io trovavo piacevole giocare sia l'uno che l’altro ruolo.
Capii cosa tutto questo significasse solo anni dopo, quando il suo interesse per questo divertimento maliziosamente ingenuo era ormai venuto meno.

Fu un po’ dopo la fine di questo nascondino erotico che scoprii la masturbazione.
Lo feci sfregando il cazzo duro su uno zerbino di cocco.
In realtà, io non volevo farmi una sega, non sapevo neanche cosa fosse un orgasmo. Volevo solo provare dolore facendo un trattamento rude al cazzo. Perché lo facessi resta un mistero. So solo che desideravo farlo e sentirmi a disagio facendolo.
Fu così che venni la prima volta. Ne fui spaventato e sorpreso.
L’episodio ebbe due conseguenze.
La prima fu che mi dissi quella sensazione la volevo provare ancora, nonostante un subdolo senso di colpa si facesse strada in me. Il desiderio di piacere prendeva il sopravvento su ogni altra cosa.
La seconda fu che il piacere fu associato al dolore, un legame che è continuato anche nella mia vita adulta.
La sensazione è che fossi in qualche modo predisposto a creare questo nesso, considerato che le mie fantasie “erotiche” infantili mi vedevano soccombente al volere altrui; ma quell’episodio cementò indissolubilmente e in modo evidente il piacere al dolore.

Il suo peso mi schiacciava e io ero ammutolito. Non mi sentivo capace di alcuna reazione. Mi scrutava con uno sguardo maligno.
La sua forza mi sovrastava.
È difficile reagire in una situazione del genere, quando una persona della quale ti fidi improvvisamente mostra un lato di sé che non pensavi avesse.
D'altra parte, la mia natura profonda era da sottone, piuttosto che da chi sa reagire con la forza alla forza.
Fatto sta che rimasi immoble in attesa della mossa successiva.
Con un gesto che non ammetteva repliche mi sfilò la maglia e mi tolse i pantaloni del pigiama, lasciandomi nudo di fronte a lui.
Provavo paura ma anche piacere. Ero nella mia situazione ideale, fossi capace di ammetterlo o no.
Il desiderio di erotismo, di essere messo sotto prese il sopravvento, e abbandonai ogni volontà di resistenza.

Le sue mani correvano veloci ed esperte sul mio corpo.
Anni dopo, ripensando a questo episodio, mi convinsi che non doveva essere certo la prima volta che mio fratello si trovava in una situazione del genere.
Da qualche anno studiava in un’altra città e viveva fuori casa la maggior parte della sua vita. Era sicuramente possibile che avesse avuto modo di avere degli intercorsi con degli uomini.
Forse stava mettendo in pratica su di me le pratiche che aveva appreso in quelle occasioni.
Non potevo certo saperlo, ma il suo fare era quello consumato di chi sa dove mettere le mani e come muoverle per dare piacere al suo partner e, contemporaneamente, soddisfare il proprio bisogno di dominio sull’altro.

Mi fece scorrere i palmi sull’interno delle cosce facendomi trasalire, ma evitò accuratamente di toccarmi il cazzo, che stava diventando duro.
Accarezzò i fianchi, dove ero più sensibile, e poi iniziò a stimolarmi i capezzoli, premendoli e roteando i polpastrelli in modo da farli inturgidire. Li lavorò a lungo, ora massaggiando con vigore, ora stringendoli tra indice e pollice, con forza crescente fino ad ottenere il risultato desiderato.
Era la prima volta che provavo un piacere del genere. Ne ero inebriato. Quando il suo pizzicotto diventava più vigoroso, era piacere misto a dolore, ma non sapevo separare l’uno dall’altro.
Cominciai ad ansimare.
Mi passai la lingua sulle labbra.
Mormorai con una voce non mia: “Stringi più forte, mi piace.”
Non se lo fece ripetere due volte.
La sofferenza e il godimento aumentarono di conseguenza in egual misura.
Mi vennero le lacrime agli occhi.

Galvanizzato dalla mia reazione che ai suoi occhi significava la mia resa alla sua determinazione di fare di me il suo giocattolo sessuale, mi girò sottosopra mettendomi prono.
Seduto a cavalcioni sulle mie gambe, così da impedirmi ogni movimento con il suo peso, prima fece scivolare l’indice lungo la mia spina dorsale, per poi farlo scorrere nel solco tra le natiche e soffermarsi a titillare il buco del culo.
Lo inumidì e cercò di forzarlo nel culo, ma senza successo. Ero ancora troppo stretto.
Il piacere per quelle attenzioni che non avevo mai ricevuto, ma che erano oggetto delle risatine tra compagni di scuola, si trasformò in terrore e gridai il mio disaccordo per quel trattamento urlando.

Lui acconsentì a fermarsi, mi rigirò supino e iniziò a segarmi il cazzo, ormai al massimo della sua erezione.
Non agì come mi sarei aspettato.
Non fece scorrere avanti ed indietro la pelle sul glande nel movimento della masturbazione cui ero uso, ma sputò sul palmo della mano e, con questo, iniziò a massaggiarmi la cappella.
Era il piacere più intenso che avessi mai provato, così intenso da essere doloroso.
Inarcai la schiena, iniziai a sbattere la testa roteandola violentemente a destra e a sinistra in preda allo spasmo. Chiusi gli occhi.
Era come se una corrente percorresse il mio corpo.

Venni poco dopo.
L’orgasmo mi invase a passo di carica.
Diversamente da quelli che mi procuravo da solo, che crescevano a poco a poco fino al punto di non ritorno, come se venissero da lontano in un’onda che diventava cavallone prima di rompersi sulla battigia, mio fratello mi provocò un orgasmo repentino, come un tornado cresciuto senza preavviso che raggiungeva improvvisamente e subito la sua massima intensità.
Quando ebbi eiaculato, mio fratello non interruppe il suo fare. Anzi.

Raccolto lo sperma con la mano, lo usò come lubrificante per continuare a masturbare il glande.
Il piacere fu così violento da trasformarsi in dolore.
Il mio corpo si torse, cercai di flettermi, di girarmi per porre fine a quella tortura, ma il suo peso me lo impediva.
Raccolsi le braccia che avevo aperto a croce nell’abbandono della sottomissione e cercai di allontanare mio fratello da me.
No ci riuscii.
Lo implorai di smettere.
Nulla.
Tutto purché quel trattamento terminasse.
Lui smise solo quando mi vide completamente nelle sue mani, inerme e passivo.
Mi aveva domato.

Si staccò da me.
Io mi avvolsi nelle coperte e mi addormentai.
Al mattino dopo, mi svegliai nudo e con il ventre incrostato si sborra.
Mio fratello si alzò e, come se nulla fosse successo, scendemmo a fare colazione.
Mi sentivo ferito, umiliato, ma anche esaltato dal grande godimento che mi era stato inflitto.
Piacere e sofferenza inestricabilmente uniti nella mia esperienza del sesso.
Prima e dopo di allora.

Qualche mese dopo, mio fratello mi propose di andare a fare la sauna insieme alla sua ragazza.
“Te la faccio vedere nuda” disse “e puoi anche toccarla.”
Anni dopo mi son chiesto se l’idea fosse stata concepita di comune accordo tra loro due, se lui volesse umiliarmi davanti a lei ripetendo l’esperienza di quella notte in albergo a Copenhagen.
Non lo saprò mai.
Nel frattempo, avevo fatto nuove esperienze al liceo e rifiutai l’offerta, trovandola sconveniente.

(1 continua)
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